II sindaco, il padre, la figlia: cinismo e dolore in campagna elettorale

È molto originale lo spunto che muove l’ultimo romanzo di Claudio Morandini, La conca buia, edito da Nottetempo. Franco Gavaglià, modesto politicante, sindaco di un comune montano deciso a ricandidarsi, si lascia convincere dal suo vice a usare il vecchio padre, contadino, quale buon esempio dei valori in cui gli elettori di quella loro terra si possono rispecchiare. Insomma: portarselo in campagna elettorale come garante della stirpe familiare. Il problema è che Gavaglià detesta suo padre e non a torto: «Che fosse silenzioso è vero: ma non è un eroe, e non è generoso. Aveva terre, vacche, campi, e ci faceva patire la fame. Ci picchiava a sangue pressoché tutti i giorni. Ha praticamente ucciso mia madre a botte e insulti. La vedi questa cicatrice? Qui, sulla fronte? È stato mio padre, con un coltello». Eppure, nonostante i due si parlino a fatica, il sindaco convince a sua volta la figlia Leda a seguirli, per tenere d’occhio il vecchio, che per lei invece ha un debole. Prende così avvio una tragicomica avventura umana, il racconto di un padre alla figlia su ciò che è stata la propria vita, l’infanzia, le scelte di carriera. Al contempo, il romanzo è una satira sul cinismo che pervade la politica intesa come maniera di trovare una sistemazione nella società e non come servizio agli altri. Diviso tra un’aridità che è un modo di salvarsi dalla sofferenza provata, e l’amore per quel mondo di frontiera, appartato, lontano, incantato, in cui si è trovato in fondo a suo agio, il personaggio di Franco è felicemente vitale, umano, perché chiamato all’ardua missione di assolvere un padre per non condannare sé stesso.

(Alberto Riva, Il Venerdì di Repubblica, 24 novembre 2023)

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