Morandini e il male necessario

Rassomiglia al posto delle fragole, La conca buia (…) che dà il titolo all’ultimo romanzo di Claudio Morandini: scoperta mentre si insegue una capra fuggita dal gregge, la conca diventerà un rifugio dalla furia del padre, padrone di terre d’alpeggio, la cui violenza in passato è stata tanto immotivata quanto inarrestabile. Il luogo, a ben vedere, non è ameno e anzi evoca i paesaggi apparentemente tersi, in realtà destabilizzanti di Gottfried Keller o di Bilenchi; sorta di isola dei morti senza mare, viene evocato dal protagonista Franco Gavaglià, sindaco di un paese di montagna diventato politicamente rilevante il giorno in cui Roma ha deciso di accorparlo a un altro comune. Da qui si dipana la trama esterna, non esoterica: le nuove elezioni sono vicine e Franco rischia di perderle per eccesso di urbanità: la fuga in gioventù dall’alpe, gli studi universitari in città, persino lo snobismo con cui ha cercato di camuffare l’origine popolare ora gli si ritorcono contro.
Per raccogliere voti servirebbe un legame più forte con la tradizione, il passato, le radici: e chi meglio del padre potrebbe restituire al sindaco l’autenticità perduta? Il vicesindaco, i collaboratori: tutti invitano Franco a rimuovere i ricordi spiacevoli – le botte, le urla, le mattane contro i familiari o i marocchini assunti come pastori e mai pagati – e a portare con sé, in campagna elettorale, l’impresentabile genitore, che decide di stare al gioco.
Drogato da medici compiacenti per evitare che dia in escandescenze durante i comizi, il vecchio diventa un “male” che deve essere presente in forma attenuata, ma non può mancare, se si vuole salvare l’organismo.
L’apologo politico non potrebbe essere più trasparente, ma attenzione a trarre conclusioni affrettate. Del resto, anche le allegorie più solubili nascondono delle trappole, come i gialli la sorpresa sul nome dell’assassino.

(Fabrizio Ottaviani, Il Giornale, 4 novembre 2023)

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