Nuove voci: Claudio Morandini – Nora e le ombre

Nora e le sue ombre. Perché i tempi passati sono memorie troppo fragili per gettare oscurità sul presente, che si adombra da sé. L’autore racconta i destini paralleli e distanti di due voci femminili che cercano di compiere il proprio dovere, ciascuna in un’epoca di cui non sanno accettare le dinamiche, di un posto che accetta il loro sacrificio senza tributare onori.

La vicenda del romanzo Nora e le ombre si svolge su un doppio registro; il primo, quello principale, segue le vicende familiari di Nora, improbabile insegnante di religione, sposata ad un dirigente del movimento scout, amante platonica di un politico di dubbi valori, perplessa genitrice di un adolescente tutt’altro che morigerato. All’interno di questo canovaccio si inserisce un secondo racconto, che potremmo definire una meta-storia, dal momento che non viene narrata direttamente ma scritta dalla stessa Nora. Trattasi della tormentata esistenza di devozione di una giovane nobile del tempo che fu, Aurora, tormentata da fantomatici visitatori notturni che la obbligano a pregare per la loro salvazione, fino a logorare carni e spirito della malcapitata.
Quella di Claudio Morandini costituisce di certo un’operazione interessante, finemente intellettuale: la messa a confronto tra una narrazione di genere come può essere una classica ghost-story, tinta di sfumature ed ambientazioni goticheggianti, ed una realtà che ha perso la possibilità di credere davvero, oggettivamente impossibilitata a vivere ancora un’esistenza misterica, multidimensionale. Ne emerge uno scenario desolante, contrario a tutte le buone norme di coinvolgimento della narrativa commerciale. Ci si aspetta in sintesi una progressiva confusione dei due intrecci, con la vicenda di Aurora che si rivela pregna di inquietanti risvolti attuali, che intacca concretamente l’esistenza di Nora e ne fa il luogo privilegiato dei propri tormenti. Seppure questo accada, è dato da motivazioni del tutto venali, in linea con la tendenza italiana contemporanea (gli ultimi Premi Strega insegnano).
La memoria di Aurora diventa infatti il campo di contesa tra Nora ed una giovane autrice arrivista, disposta a ricorrere a qualsiasi mezzuccio pur di assicurarsi l’esclusiva pubblicazione della storia, potenziale best-seller. Ne seguono minacce ed azioni, rappresaglie e vendette che conducono allo sgretolamento di tutte le costumanze su cui Nora cercava ancora di appoggiarsi. Questo romanzo può definirsi un attacco alla fede, o meglio una semplice constatazione della sua assenza in questa era, persino nel cuore di personaggi che ancora si assumono il ruolo di promotori della spiritualità.
Lo stile descrittivo, l’asciutta rilevazione dei dati, contribuiscono a non alzare l’accusa di blasfemia contro quest’opera. Non c’è insistenza, casomai una leggera ironia pervade il testo di uno spirito goliardico, un continuo memento alla mondanità dell’esistenza. Non c’è dramma e non c’è senso della perdita, dell’impoverimento della nostra era. Solo l’accettazione acritica del non poter fare diversamente, del non poter evitare il dubbio che Aurora non fosse neppure una devota ma una povera invasata. Poiché non ci sono prove, non ci sono certezze.

“Si chiese se non fosse un segnale – disegnato da Dio, e indirizzato a qualcuno, forse proprio a lei – ma non riuscì a capire che cosa avrebbe dovuto significare. Il mondo era costellato da esercizi di calligrafia divina. Tutta la creazione era una fitta selva di segnali, alcuni di straordinaria fattura, altri – Dio, perdonami – malriusciti, alcuni incantevoli, altri orripilanti. E tutti, sospettava ormai Nora, oscuri, indecifrabili, contraddittori, babelici, se non per l’innocenza fanciullesca di qualche raro santo. Era come se a parlare quel linguaggio di simboli fosse un altro Dio, rispetto a quello ordinatore e catalogatore dei testi sacri.”

(Caterina Porcellini, Whip Art)

 

  • Share on Tumblr