Foto di Marilisa Chatellair

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Claudio Morandini è nato ad Aosta nel 1960.
Dal 2006, dopo anni di radiocommedie, si dedica al romanzo (da ricordare, tra i primi titoli, Le larve, 2008; Rapsodia su un solo tema, 2010) e ai racconti, ospitati su numerose riviste e in antologie. Ha scritto letteratura per ragazzi (Le maschere di Pocacosa, 2018), ha raccontato insolite storie di montagna (Neve, cane, piede, premio Procida – Isola di Arturo – Elsa Morante 2016; Le pietre, 2017; Gli oscillanti, 2019; La conca buia, 2023), ha esplorato i confini tra reale e fantastico e sperimentato il connubio tra forme e generi differenti (A gran giornate, 2012; Catalogo dei silenzi e delle attese, 2022).
I suoi libri sono tradotti in diverse lingue.

Nell’ambito della ventiseiesima edizione del Festival Cinemambiente, è assegnato a Claudio Morandini il Premio Le Ghiande, che celebra autori che mettano al centro della propria produzione la sensibilità ecologica.
«Nei suoi romanzi,» si legge nella motivazione, «l’ambiente non è uno sfondo, ma un personaggio a tutto tondo. È presenza perturbante con una volontà tutta sua che si mescola e intralcia e scompagina le intenzioni degli umani. Sono pietre che si moltiplicano nel salotto di casa e ghiacci che rivelano tracce di delitti, animali sornioni, oggetti animati e paesaggi inquieti. In mezzo, noi: esseri umani spiazzati da queste strane intimità. È questa, in fondo, l’immagine più adatta a descrivere l’Antropocene, l’epoca geologica che porta il nostro nome, ma che marca il passaggio dall’illusione della centralità umana allo spaesamento di fronte a un pianeta che sbatte la coda e si riprende la scena.
Morandini ha fatto parlare umani e non umani, mettendoli a confronto e spesso in conflitto, in situazioni familiari eppure imprevedibili, e sempre con un’ironia, una leggerezza e un’originalità rare nell’orizzonte italiano».

Claudio Morandini è rappresentato dall’agenzia Otago (www.otago.it).

Foto di Marilisa Chatellair

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Si riporta il link alla voce Claudio Morandini sull’enciclopedia Treccani online.

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Di seguito, una biografia alternativa, tratta dal numero 7 di “Night Italia”, Edizioni Psychodream, a cura di Marco Fioramanti:

Claudio Morandini vive ad Aosta. Lavora con le parole, a scuola e nella scrittura, ma cerca di mantenere separati i due mondi, per sentirsi più libero (a scuola, nella scrittura). Scrive i suoi libri con lentezza, distillando le storie da cumuli di centinaia di pagine, tra le quali, un po’ alla volta, ha visto formarsi legami, rimandi, echi – un’idea di struttura, insomma. Segue le vite dei suoi personaggi con la stessa curiosità dei lettori – dove vanno, cosa faranno, perché lo faranno? Ama non dare tutte le risposte, e nemmeno cercarle, perché pensa che l’ombra, gli angoli oscuri, i dettagli sfocati, i tempi morti, le allusioni, le ellissi, le reticenze abbiano più importanza (più senso, più corpo) del voler dire tutto. Allo stesso modo ama le storie che si perdono, i meccanismi che si ingolfano, le narrazioni che si raggomitolano, perché la vita è così, e sono così anche i grandi romanzi da cui continua a trarre nutrimento (grandi anche perché imperfetti, perché irriducibili a una misura, a un sistema di convenzioni, perché lontani dalla natura rassicurante dei generi o delle mode, perché sconvenienti).

Foto di Marilisa Chatellair

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Ha scritto l’illustratore e scrittore Luca Dipierro:

Claudio Morandini è uno scrittore di cui non fidarsi. I suoi romanzi sono pieni di fatti e personaggi, ma in un certo senso più li guardiamo, e cioè più l’autore ce li mostra, più li copre di parole, i loro pensieri, le loro azioni, e meno i loro contorni sono definiti. La scrittura di Morandini non va mai diritta. Non c’è un obiettivo verso cui tendere, un centro o buco o termine, ma solo direzioni da percorrere, e possibilità, e fantasmi, nel senso di cose che vengono cancellate eppure sono ancora lì, impronte, presenze che si manifestano in corpi non loro.
Il romanzo non ha fine. C’è solo il termine dell’oggetto libro, l’orlo della carta. La scrittura di Morandini è fatta di accerchiamenti, preamboli, di code, di digressioni, in cui i pieni e i vuoti non hanno mai la funzione di rapprendere, ma invece di variare e contrappuntare un tema che ci viene tenuto nascosto. Balena anche la possibilità che questo tema non esista, e precipitiamo in una deliziosa paura del vuoto.
È una sensibilità formale questa che viene a Morandini dal suo essere anche musicista e appassionato di musica. I romanzi di Morandini non sono strade, non cattedrali, e nemmeno case e nemmeno labirinti. Sono foschie. Trame e personaggi vengono moltiplicati e allo stesso tempo dissolti da uno stile fatto di volute e cerchi. In questa foschia ci si imbatte in ruderi a volte: la grande tradizione del romanzo ottocentesco europeo, una certa linea “eccentrica” della narrativa italiana (Tarchetti, Savinio, Landolfi, Loria, Bontempelli, Delfini, Nievo), il gotico, la saga familiare, il romanzo epistolare, il saggio musicologico, ma gli stilemi e le figure del genere non offrono qui le solite certezze. Leggere Claudio Morandini è calarsi in un mondo fatto di niente. Non chiedo di meglio a un libro.

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