Neve, cane, piede (…) è un breve romanzo che fonde sapientemente realtà e finzione. La storia ambientata in un vallone isolato delle Alpi vede come protagonista Adelmo Farandola, un montanaro scontroso e smemorato, che conduce un’esistenza da eremita. L’unica presenza amica sembra essere quella di un cane che con l’anziano condivide la stessa solitudine e dialoga dando vita a delle conversazioni esilaranti.
Nel testo dove il realismo vacilla ripetutamente c’è una trama che spiazza il lettore. In queste pagine niente è legato alla logica e risulta semplice lasciarsi trasportare da una sagace ironia che fa da filo conduttore a una storia che mette in risalto un commovente smarrimento. Quello di Adelmo Farandola.
In un contesto alpino dove le valanghe di neve hanno ricoperto tutto e nell’immobilità del paesaggio imbiancato accade qualcosa che suscita curiosità e una serie di dubbi nel protagonista. La primavera è alle porte e il sole fa sciogliere la neve lasciando intravedere un piede. È una presenza inquietante che crea sconcerto in Adelmo Farandola.
In un primo momento si crede possa trattarsi del corpo del giovane guardiacaccia che di tanto in tanto raggiungeva Adelmo infastidendolo con le sue ossessive domande, ma dai detriti emerge un corpo di uno sconosciuto.
Il timore di essere stato l’artefice della morte dell’uomo durante un giorno di caccia inorridisce Adelmo che la solitudine ha reso non solo scorbutico ma anche smemorato. L’assenza di memoria acuisce la sua pazzia che lo spinge ad avere istinti primitivi, allontanandosi da tutti e da tutto.
La paura scaturita dall’imprevisto spinge il vecchio a nascondere nella baita quel corpo che d’un tratto inizia a parlare. Conversano i due e per un attimo si ha l’impressione che quel muro immaginario creato da Adelmo per rinchiudere la sua pazzia, la sua smemoratezza, il suo istinto animalesco, le sue abitudine selvagge si stia sgretolando, ma è solo un’illusione.
Scritto con una lingua vivace scevra da moralismi e retorica ridondante Neve, cane, piede è un romanzo bellissimo e folle nel quale Morandini dà voce a dei personaggi profondamente intrisi nel loro torpore quotidiano, intorpiditi nella loro dedalica follia e lo fa con un singolare estro narrativo.

(Paola Bisconti, Sulle strade dei libri)

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