LeggendoViaggi torna oggi dopo una lunghissima pausa durata due anni e lo fa per un motivo speciale. Quel motivo, o meglio quel libro, si chiama “Neve, cane, piede” (…).

“Neve, cane, piede” in pillole
Metti una vallata alpina innevata in inverno e aspra d’estate, anche quando è più dedita ai pascoli; metti un anziano montanaro, Adelmo, un po’ burbero e un po’ smemorato che predilige la solitudine insieme a un cane parlante che “sta all’erta, la sera, ma è un bastardo in là con gli anni, e prima o poi crolla per il sonno”. Il tutto scandito da un traumatico cambio delle stagioni: se in città la primavera può essere sinonimo di rinascita, di colori e (ri)fioriture; quassù, tra malghe, bivacchi, pastori e animali parlanti si traduce in inquietanti scricchiolii, quelli dei blocchi di ghiaccio che si sciolgono. La neve, che quando cade a bassa quota avvolge tutto in un manto silenzioso, sulle Alpi, invece, puoi associarla a slavine e valanghe che producono spaventosi boati e portano via con sé camosci, stambecchi e capre. Fintantoché anche quassù arriva una primavera diversa: quella in cui da una valanga Adelmo vede spuntare il piede di un uomo e non la carcassa di un bovide selvatico.

Una lettura attraverso i 5 sensi
Leggendo “Neve, cane, piede” mi sono resa conto che questo è uno dei pochi libri in cui gusto, olfatto, vista, tatto e udito sono ben tangibili attraverso le 144 pagine. Un inizio assai comico ci conduce tra carne secca e salsiccia; vino e burro; patate e cassette di mele. “I larici di un giallo sciabo” non sono “la tavolozza esasperata dei vigneti e dei boschi di ontani e castagni” del fondovalle, ma la percezione forte di un autunno che è subito inverno. Il vento piega e sferza, lo sente addosso Adelmo, come lo sente un qualunque esploratore o viaggiatore in cammino. Gli stessi sensi che ogni vero viaggiatore vuole sviluppare durante un viaggio, non importa che sia vicino all’equatore o sulla più alta delle vette (…).

(Sara Missorini, Trippando)

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