Questo è il libro che ha vinto il Modus legendi di quest’anno (…). Nella settimana dal 12 al 18 febbraio scorso i lettori sono stati invitata a recarsi in libreria a comprare questo piccolo, ma curato volumetto per fare in modo che entrasse nella classifica di vendite nazionale. E ce l’abbiamo fatta!!
Se non l’avete comprato in quell’occasione, io vi consiglio di prenderlo ora, perché Neve, cane, piede di Claudio Morandini è un libro da avere nella propria libreria e non ve ne pentirete.
Oggi per #IndieBBBCafé vi parlo proprio di questo piccolo gioiellino di sole 138 pagine.
Il romanzo è ambientato in un vallone isolato delle Alpi. Vi si aggira un vecchio scontroso e smemorato, Adelmo Farandola, che la solitudine ha reso allucinato: accanto a lui, un cane petulante e chiacchierone che gli fa da spalla comica, qualche altro animale, un giovane guardiacaccia che si preoccupa per lui, poco altro. La vita di Adelmo scorrerebbe scandita dai cambiamenti stagionali, tra estati passate a isolarsi nel bivacco sperduto e inverni di buio e deliri nella baita ricoperta da metri di neve, se un giorno di primavera, nel corso del disgelo, Adelmo non vedesse spuntare un piede umano dal fronte di una delle tante valanghe che si abbattono sulla vallata.
Vi si racconta una vita in montagna fatta di durezza, di fatica, di ferocia anche, senza accomodamenti bucolici. Nell’ambiente immenso, ostile e terribile della montagna, il racconto dell’isolamento dell’uomo, del ripetersi dei suoi gesti e dell’ostinazione dei suoi pensieri è reso dalla descrizione minuziosamente realistica che a volte si carica anche di toni grotteschi e caricaturali, soprattutto nei dialoghi tra uomo e animale, questi ultimi dotati di loquacità assai sviluppata.
Uno stile duro, crudo, essenziale proprio come è la montagna, come si presenta il vallone dove vive il nostro protagonista, Adelmo Farandola. Il modo di scrivere di Claudio Morandini è schietto, chiaro e semplice, non troverete giri di parole o grandi descrizioni. L’autore va dritto al sodo e colpisce il bersaglio. Scene molto vivide, a distanza di tempo dalla lettura ho ancora determinate scene in mente, e non credo mi abbandoneranno molto presto.
Una storia molto breve, che si legge in poco tempo, che ti sconvolge profondamente e ti rimane impressa.
Eppure, lo stile, appare allo stesso tempo delicato e poetico, perché riesce a parlare di argomenti importanti e delicati, come la senilità, la solitudine, la demenza senile, quella confusione che si crea in una mente non più giovane e lucida; senza mai menzionarle, raccontando solo alcuni avvenimenti, senza mai entrare nei particolari, ma instillando una sensazione di tenerezza e compassione nei confronti del protagonista, che si impadronisce del lettore fino all’ultima pagina.
Adelmo Farandola è un uomo misantropo, scorbutico e scostante, per questo vive solo nella baita di un grande vallone di sua proprietà, venendo in contatto con la gente del paese solo quelle due volte l’anno in cui è necessario procurarsi del cibo. Nonostante sia immerso nella più totale solitudine, Morandini inserisce molti personaggi, a volte strani e inusuali, che riempiono perfettamente gli spazi (rimarrete piacevolmente colpiti da questi personaggi). In più Adelmo è un uomo confuso, la sua mente non è più così lucida come un tempo, o forse non lo è mai stata veramente, e questo porta a esilaranti scenette con il cane che gli fa compagnia, veramente divertenti. Ma questa nebbia che lo circonda e non lo fa vedere bene, sarà anche la causa dell’avvenimento finale, quello che farà precipitare tutto.Alla fine della storia Claudio Morandini ci racconta come è nato Neve, cane, piede. Mentre faceva una camminata su una montagna alpina, si è imbattuto in un uomo anziano in compagnia di un cane, che gli tirava pigne e sassi per farlo allontanare. Chiedendo informazioni in paese sull’uomo, si accorse che attorno a quel povero vecchio c’era una certa aurea di mistero. Questo diede lo spunto per il romanzo e la creazione del protagonista Adelmo Farandola.
Devo ammettere che questa spiegazione da parete dell’autore, all’inizio, ha rotto l’incanto della storia che avevo appena letto; ma poi ha reso ancora più reale, delineato e vivido il personaggio di Adelmo, perché mi ha portato a credere che allora esista veramente un uomo come lui (o molto simile) con una vita vera all’infuori delle pagine scritte. Ha reso tutta la storia molto più veritiera ai miei occhi e questo mi ha colpito ancora di più.
(Daniela Mionetto, Appunti di una lettrice)
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