Se nemmeno le pietre stanno al loro posto

Da millenni la gente vive tra Sostigno e Testagno. Il primo, a valle, è un gruppo di case raccolte attorno al letto del torrente che scorre irrequieto modificando capricciosamente il proprio corso. I pastori all’inizio della bella stagione lasciano il paese per portare le bestie ai pascoli alti, proprio sotto le crode dove cresce l’ultima erba color smeraldo.
Un giorno, però, accade un fatto strano. A casa dei coniugi Saponara – una coppia di insegnanti venuti qui dalla città in cerca di pace – proprio nel mezzo del soggiorno compare un mucchietto di ghiaia. Da dove sia arrivata non si sa. Agnese la scopa via e se ne dimentica. Ma il giorno dopo, nello stesso punto, il mucchietto ricompare, e sembra perfino un po’ più grande. Forse è una crepa nel soffitto che perde materiale? Eppure non c’è nessuna crepa. Forse è un residuo degli scarponi di Ettore, anche se un solo scarpone non può aver portato con sé tutta quella ghiaia. Senza contare che il materiale è disposto con ordine, sembra una piccola piramide, come se qualcuno ce l’avesse messa apposta. Passano i giorni e la ghiaia si trasforma in una pietra: bella lucida, levigata, come quelle del fiume, che se ne sta lì, pacifica, nel mezzo del salotto. I Saponara la chiudono in un cassetto, ma neanche ventiquattro ore dopo ne compaiono altre due, poi tre, infine si è costretti a chiudere a chiave la stanza, perché piovono pietre da ogni parte e si rischia di venir colpiti in testa, e magari di rimanerci secchi.
I Saponara sono stati i primi, tutto è cominciato nella loro casa di cittadini trapiantati in montagna. Pietre che cadono dal nulla e feriscono perfino il parroco venuto a dare la benedizione. Ma ormai sono passati tanti anni e la gente di qui si è abituata, perfino rassegnata. Tutto il paese è in movimento, i ragazzi ci organizzano pure delle gare con le pietre che strisciano in continuazione: ci fanno un segnetto sopra, poi se ne dimenticano. Ogni tanto tornano a vedere a che punto sono e fanno il tifo. Vince quella che arriva prima al traguardo.
Un paesano, che era presente sin da quando tutto è cominciato, racconta la storia delle pietre semoventi di Sostigno e Testagno, la sua voce è semplice e ironica, che chi “saggiamente” non si prende mai troppo sul serio. Mescola il parlato di un pastore che intercala “orca madosca” alle astuzie di un grande scrittore. È Claudio Morandini il burattinaio che ci racconta le strane vicende di questo borgo sempre in movimento.
Lui è una garanzia: se non sapete cosa leggere e volete qualcosa di buono, andate sul sicuro, pescate un Morandini (avete letto il pluripremiato “Neve, cane, piede”? No? Peggio per voi) e state certi di non rimanere delusi. Questa è la sua ultima adorabile creatura.

(Alessandra Selmi, Il Cittadino di Monza e Brianza, 20 aprile 2017)

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