CROTTARDA VERSUS AUTELOR

di MARCO FIORAMANTI

È noto come ciascuno di noi rincorra il proprio dèmone dell’infanzia, il “nemico” immaginario, l’insostituibile fantasma, l’amato/odiato compagno di giochi e di fantasie. Così come è noto che lo yin (il nero, lo scuro) e lo yang (il bianco, il chiaro), originati secondo direzioni opposte, convivono e oscillano secondo una dualità cosmico-quotidiana. È ciò che accade alle due vallate protagoniste del romanzo, che prendono i nomi dai rispettivi paesi, Crottarda (esposto a nord, sul versante in ombra) e Autelor (esposto a sud, col sole presente tutto il giorno), vallate che si respingono come i poli della stessa natura di una calamita, creando un campo geomagnetico di forte tensione emotiva.
La storia è avvincente e viene narrata in prima persona. Si tratta di una giovane etno-musicologa la quale, da bambina, veniva in vacanza coi genitori in quegli stessi, sperduti, luoghi dai quali restò profondamente colpita a causa di strani suoni notturni, di cui quasi nessuno si accorgeva, o faceva finta di non accorgersene.

La mattina continuavo a destarmi prestissimo, solleticata da una sorta di sveglia naturale, e mi ponevo subito in ascolto. Rimanevo cosciente senza sforzo, e solo il freddo e il timore di qualcosa di troppo grande mi impedivano di uscire dal mio tiepido rifugio per andare a scoprire di persona la fonte di quei canti. Sapevo che prima o poi i richiami da megattera sarebbero arrivati, e infatti eccoli, chissà da dove, ora più vicini, quasi fuori dall’albergo, ora lontanissimi, ma sempre precisi, distinti, musicali.

È così che la nostra ricercatrice, tornando in quei luoghi tanti anni dopo (siamo negli Ottanta, ndr) rivive nuovamente i lontani ricordi: l’odore del rimescolarsi di mille cose, detersivo, pane, chicchi di caffè, naftalina, calzature, frittura, accompagnati, all’epoca, da strani suoni notturni, forse canti dei pastori crottardeschi che comunicano a grandi distanza, da una vallata all’altra.
Quel “forse” è il vero refrain, raffinato Leitmotiv che sottende l’intero libro.
Il dubbio e l’oscillanza del pensiero s’insinuano nel lettore fin dall’arrivo della protagonista nel villaggio, e si dipanano attraverso i misteri della gente del luogo: la Signora Verdiana, l’unica che accetti di affittare una stanza agli ospiti; un Sindaco sfuggente; Bernardetta, l’invadente e paurosa amica di stanza, spesso indisponente ma, grazie alla quale, nei frequenti dialoghi notturni, viene a conoscenza di strani amanti che arrivano dal bosco e si sfidano tra loro per averla; il signor Amedeo, intagliatore del legno, col laboratorio pieno di sculture.
Nell’incedere del romanzo, l’imperativo categorico della protagonista – a cui l’autore sceglie deliberatamente di non dare nome – resta sempre lo stesso: decodificare quei “suoni” che arrivano di notte a Crottarda dove le case non superano in altezza i due piani estendendosi verso il basso, lungo cantine che spesso sono adattamenti di cunicoli naturali. Lì sotto, in ambienti oscuri e dalla temperatura costante, gli abitanti conservano cibo, damigiane, bottiglie e si rintanano quando ne hanno abbastanza del freddo umido del pianterreno.
Gli abitanti di Autelor, invece – denominati dai Crottardesi “Quelli là” o “i Soleggiati” – si godono le giornate sfottendo gli sfortunati dirimpettai.
L’oscillazione di ogni pagina del libro tra il pollice e l’indice disvela all’attento lettore, nella seconda parte, nuove attenzioni e sarà tale Fausto questa volta il Virgilio di turno che accompagnerà la ragazza verso la scoperta, forse, del segreto archetipico dell’origine e significato di quei misteriosi codici sonori.

(Marco Fioramanti, Articolo 33 n. 9, settembre 2019)

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