L’esistenza si vede nel fumo del camino
I romanzi di Claudio Morandini sono, quasi sempre, «oggetti» chimerici: l’ordito della narrazione contiene fili letterari destinati a fare esplodere il rapporto con la realtà. Ne è prova Catalogo dei silenzi e delle attese che lo scrittore aostano consegna ai lettori. Libro più atipico di quelli precedenti dato che, per certi versi, sembra sfondare anche nella biografia dell’autore stesso: al centro della trama c’è Cosimo Peragalli che, in prima persona, racconta la sua vita dall’infanzia alla genitorialità. E che di lavoro fa l’insegnante, proprio come lo stesso Morandini.
Un personaggio, dunque, che ha tutte le carte in regola per padroneggiare il mondo che lo circonda, dato che è chiamato a insegnarlo dalla cattedra. Ma che, in una notte d’insonnia, sale sui tetti d’ardesia e scopre altri cittadini come lui che stanno là sopra per guardare le forme che scaturiscono dai camini e «tutte appaiono sfocate, inconsistenti, lontane — anche le più vicine». È come se il dialogo tra Cosimo e la vita prevedesse uno scarto in cui realtà e irrealtà sono spesso la stessa faccia. A partire da quando lui, bambino, viene portato dai genitori in vacanza dalla nonna che quasi lo sequestra nel suo condominio dove pratica con tranquillità l’uccisione dei piccioni attirati in trappola. E che prosegue anche nei fatti minuti della vita come accade quando la madre del protagonista lo spedisce, bambino, «fino a un piccolo negozio di mercerie a comprare un rocchetto di filo» e Cosimo pensa che «la vita degli adulti ci era segreta per varie ore del giorno e della notte. Che cosa fanno quando noi ci distraiamo dietro ai giochi che ci assorbono totalmente?». Dialogo anomalo, dunque, che il protagonista affronta durante i momenti più salienti della sua esistenza: con la zia un poco folle e affascinante, certo. Ma anche con il rapporto che Cosimo ha con il padre, appassionato agricoltore di un orto infestato di maggiolini.
È la vita segreta, insomma, che Morandini fronteggia in questo suo nuovo romanzo che si snoda anche attraverso quel sentiero impervio chiamato amore. Nell’aspetto quasi diaristico della trama e nel resoconto esistenziale che lo scrittore traccia per squadernare la vita di Cosimo Peragalli, si possono rintracciare richiami letterari molto forti. Quello più immediato porta questo romanzo nel territorio de La macchina mondiale (Garzanti) di Paolo Volponi: indagare l’origine del destino sembra accomunare Cosimo ad Anteo, il personaggio dello scrittore marchigiano che è sempre a un passo dalla follia. In questo lavoro di Morandini, esploso editorialmente nel 2015 con Neve, cane, piede, si ha la netta sensazione di trovarsi di fronte a un autore che riesce ad afferrare il mistero più intimo dell’essere umano, a differenza di molti scrittori contemporanei che sono più impegnati a tratteggiare, in un catenaccio ormai logoro, personaggi slegati da una realtà presentata come irreale piuttosto che a capirla. Morandini, invece, va dritto al punto: quello delle contraddizioni. E ci arriva anche grazie a uno stile narrativo aereo, quasi da antiromanzo, per certi versi sovversivo.
(Simone Innocenti, La Lettura – Corriere della Sera, 10 aprile 2022)