“Tutto tornava a posto, si riequilibravano i rapporti tra le cose, ci si riconciliava con il passato, con le proprie radici vere o presunte”. Tutto alla fine si sistema, anche le situazioni che paiono essere irrisolvibili riescono a trovare soluzione. È un po’ il senso di pacato realismo tranquillizzante che fa da sfondo a questo ennesimo capolavoro di Claudio Morandini che, si d’accordo, è un “romanzo, forse” ma che si rivela per un forte senso letterario. Se vogliamo un po’ come quelle prelibatezze che si devono gustare pian pianino, senza fretta. E non è un caso che il titolo, Catalogo dei silenzi e delle attese, richiama ad un tempo sospeso che si non decide mai a planare sul terreno della cruda ed inevitabile realtà, lasciando al lettore il ruolo di meravigliato osservatore di tanto onirismo. Tutto è sogno, è recondita ancestrale simbiosi con i propri nascosti desideri. Come il “non volere essere parte di un male” che scombussola il povero Cosimo Peragalli, costringendolo a sfuggire, meglio a galleggiare sulle innumerevoli “unità desolanti, vacue di avventure e povere di segni”. Vita grama, mi si dirà: giammai, perché il protagonista di Morandini si inventa sempre un modus vivendi degno di questo nome. In cui, eggià, c’è il rifiuto di un “piattume senza fine” e, magari, senza speranza che lo costringerà, fin dall’infanzia, ad un ruolo di secondo piano. Che non sarebbe poi un male se non si palesasse quella “frustrazione da rifiuto” che non sempre è cosa piacevole. In lui tutto tende a ribellarsi ad un tracciamento ben delineato e gli incontri, misto di surrealismo e disperata rassegnazione, ne sono dimostrazione. Dal colloquio con il “vecchio invecchiato male” alle prese con problemi di coscienza fobica, alle notti passate sui tetti insieme ad un gruppo di reietti (“nessuno sente la nostra mancanza”) alla ricerca dei motivi della fuoriuscita dai comignoli di densi e inquietanti “sbuffi di mucillagine”. Per carità, “immagini insensate con cui definire il nulla”, scrive l’autore ma, in ogni caso, tentativi, più che sforzi, “di tenere a bada l’immenso controsenso del mondo”. Ecco che allora diventa inutile cercare spiegazioni: non si può far altro che arrendersi all’evidenza, tipica dei bambini o se vogliamo delle anime semplici, di “vedere senza sforzo anche i dettagli più piccoli”. Per quelli più grandi magari ci sarà tempo. Un libro che merita di essere condiviso proprio per la sua capacità di non fermarsi alla superficie esistenziale. “Rispondiamo delle nostre azioni a noi stessi e ai nostri simili, il che mi pare più che sufficiente”. Parole sante.
(Corrado Ferrarese, Chiudere Facebook e aprire un libro)