Il sangue del tiranno: Università in noir

Allora, dunque: il vecchio tiranno è in ospedale, in rianimazione. Si è beccato un fracco di botte e un tot di coltellate, un po’ ovunque, in faccia, all’inguine, sulla schiena. La Marecchia Forbis, che è corsa a trovarlo, non ha potuto avvicinarglisi, ma si è fatta raccontare l’essenziale dai poliziotti che erano lì. Così dice lei. In realtà sono stati i poliziotti a farsi raccontare da lei tutto quello che sa, come hanno cominciato a fare con me e come stanno facendo con tutti in università, a partire dalle donne delle pulizie che la mattina prima dell’alba raccolgono scartoffie e cicche.

Un breve romanzo allegorico, una specie di parabola moderna, un racconto surreale, ma con un substrato di realtà: ecco come si potrebbe definire Il sangue del tiranno di Claudio Morandini. Un testo metaforico, giacché nell’invenzione letteraria appaiono molte delle problematiche relative al sistema scolastico, in particolare a quello d’ambito universitario. E proprio nell’ambiente di una piccola, quanto sconosciuta università di provincia, posta al centro d’Italia, si svolgono i raccapriccianti fatti narrati in questo libro. Fatti che iniziano con un trafiletto posto su un quotidiano locale, in cui è descritta la sparizione del rettore dell’università di Matera. Il leit motiv che emerge dal racconto si basa sulla scomparsa improvvisa, quanto misteriosa, del personale docente di molte università dell’Italia centrale. Si aggiunga che nell’istituto protagonista della vicenda riappare invece, del tutto inaspettatamente, il vecchio rettore La Sansa, da anni in malattia. Fin qui nulla di strano, se non fosse che costui era, e torna a rappresentare, il terrore dell’intero apparato universitario, tanto da essere soprannominato il tiranno. Appellativo datogli dal corpo insegnante, come ci racconta in prima persona il professor Martino Villani – un insegnante assai cinico e gran sciupafemmine, il principale protagonista del racconto. Dal giorno del suo ritorno riemergono, nella narrazione di Villani, molti particolari sulle condotte del rettore, di cui si ignorano i meriti accademici che gli hanno permesso di assurgere a tale ruolo. In ogni caso La Sansa risulta essere un vero dittatore, che però non sa svolgere il suo incarico amministrativo, tanto che l’università da lui condotta è poco frequentata, ad eccezione di qualche studente e di alcuni mendicanti in cerca di un riparo. Peggio ancora, a soli pochi quinquenni dalla sua edificazione, l’istituto cade letteralmente a pezzi. Ma il tiranno è, ciò nonostante, temuto e riverito dalla maggior parte dei professori, che più volte lo hanno rieletto. Solo pochi coraggiosi hanno avuto l’audacia di ribellarsi e ne stanno ancora pagando le conseguenze. Come Calandrone, stimato docente ed insigne studioso, che sopravvive a forza di psicofarmaci e abbondanti dosi di superalcolici. Ed è proprio questo insegnante a promuovere un piano per liberarsi definitivamente del rettore: fare una colletta tra i colleghi, spiegando loro che i soldi raccolti serviranno per fare un regalo di ben tornato al loro esimio superiore, ma in realtà verranno utilizzati per assoldare un killer che lo faccia secco. Villani, una volta venuto a conoscenza del fatto, appare preoccupato, anche perché Calandrone ce la sta mettendo tutta. Apprensione che aumenta a dismisura il giorno in cui La Sansa viene trovato agonizzante nel suo ufficio, barbaramente bastonato e accoltellato. Ad indagare sul tragico fatto è assegnato l’ispettore Maderna, un tipo che sa il fatto suo, tanto da indurre a parlare anche i cattedratici più reticenti. Non si vuol palesare altro nella descrizione della trama, sennonché sarà Villani ad investigare tra i colleghi e a scoprire un’oscura verità.
Fin qui il romanzo, una creazione letteraria suffragata però da moltissimi fatti concreti: l’invidia che rode il corpo docente con le sue piccole ripicche accademiche, i testi dei ricercatori accatastati in qualche maniera nei sotterranei universitari, le guerre politico-esistenziali degli studenti, i rapporti che intercorrono tra insegnanti, borsisti e ricercatori, la decadenza fisica dei suoi vari istituti e il malessere – reale – del sistema accademico. Questi, purtroppo, sono fatti con i quali devono convivere ogni giorno migliaia di studenti, in un apparato, quello scolastico, che ha raggiunto in Italia aspetti surreali e che rende perciò Il sangue del tiranno assai meno irreale di ciò che non sia in realtà.
(Roberto Barzihttp://www.lettera.com/libro.do?id=784015-01-2011)

  • Share on Tumblr