Claudio Morandini è un autore che si è saputo costruire una voce importante all’interno del nostro panorama letterario. Due anni fa recensimmo su Paper Street il suo romanzo Rapsodia su un solo tema, apprezzandone l’erudizione, l’approfondimento storico e soprattutto la grande cura stilistica, la capacità di raffinare le voci dei personaggi e di destreggiarsi all’interno di cambiamenti di toni e registri molto vari, presentando al lettore un caleidoscopio di voci e di testi con estrema perizia.
L’attenzione alla ricerca stilistica, la voglia di non assoggettarsi alla tirannia della scena e delle trame lineari, il dialogo con tradizioni gloriose e con il modernismo mai interrotto caratterizzano anche questa nuova prova di Morandini, A gran giornate. Evoco il modernismo proprio perché i suoi romanzi appaiono in dialogo diretto con la grande tradizione sperimentale di inizio Novecento, in cui il romanzo si è riaperto alle possibilità del suo farsi. Ecco che ci troviamo di fronte quindi a una serie di avventure surreali e picaresche e incontriamo personaggi estremamente romanzeschi –intendendo che ci sono cose che “solo il romanzo può dire”, come scriveva Broch –, outsiders stralunati e ossessionati. Tra i più singolari l’uomo fedelmente innamorato, ricambiato, della sua bambola gonfiabile; l’intellettuale recluso in un sanatorio; il truffatore di infermi; il sacrestano nudista.
Ogni capitolo presenta un nuovo personaggio, lo vediamo già in viaggio, lo accompagniamo per un tratto di strada, sperando di reincontrarlo. Grosso errore sarebbe quello di pensare a una raccolta di racconti, il tema si tiene sempre, il salto tra gli episodi è ardito ma vale la pena seguire il pedinamento che propone l’autore, che confessa di volere andare a stringere la mano ai propri mostri, prima di difendersi dai loro denti. Il tono appare surreale, come evocano le recensioni della quarta di copertina ci troviamo alle periferie della realtà, in un terreno tra il simbolico e il favoloso, giustamente definibile calviniano ma ancora il libro ci chiede di sospettare delle letture a chiave, di non ridurre ad un dire altro il piacere del viaggio e del racconto.
Il romanzo, parafrasando Kundera, indaga una porzione sconosciuta di esistenza. Leggere A gran giornate ci aiuta a visitare un campo insolito e laterale delle umane possibilità, in tal senso è lettura consigliabile e preziosa.
(Giacomo Lamborizio, http://www.paperstreet.it)

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