Ormai sta diventando un appuntamento fisso, quasi un rito: con cadenza più o meno annuale il postino suona al campanello e mi urla, “C’è un pacco per Lei signor Fiorini!” Il tempo di infilarmi le ciabatte e in un attimo sono alla cassetta della posta giù al pian terreno. Il portalettere è già sparito ma ha lasciato una busta abbastanza voluminosa, mittente il mio caro amico e scrittore Claudio Morandini, che fuoriesce per trequarti dalla buchetta. Allora capisco subito che Claudio mi ha spedito la sua ultima fatica letteraria e come un bambino in preda a una sindrome da “scartamento di regali natalizi” (sono anni ormai che non apro un regalo sotto l’albero ) mi avvento sul pacco. Ed eccolo il libercolo, “Rapsodia su un solo tema – Colloqui con Rafail Dvoinikov” edito da Manni Editori. Risalgo i due piani che mi separano dalla porta di casa, entro, mi sdraio sul divano e mi immergo subito nella lettura; fanculo i piatti da lavare,  i cani che devono uscire a fare i bisognini,  mia moglie che ha bisogno di qualcosa…  “Adesso arrivo amooore“; sì, aspetta pure che mo’ arrivo. Che volete farci, è una questione di priorità e per me un libro è sempre una questione di priorità. E un libro di Claudio lo è ancor di più. Ora sono passati dieci giorni, il tempo che ho impiegato per leggere le 267 pagine del romanzo, (nettamente sopra la mia media stagionale anche se  lo so, purtroppo sono un po’ lento). Ho finito il libro e subito una domanda, sostanzialmente retorica, nasce spontanea: ma come è possibile che un autore del calibro di Claudio debba ancora barcamenarsi fra editori piccoli e medio-piccoli (senza voler nulla togliere a Manni che sta facendo un gran bel lavoro di ricerca e lancio di nuovi autori), dicevo, come è possibile che ancora fatichi ad emergere nel panorama letterario italiano?  Ogni volta, ad ogni nuova prova Morandini mi sorprende e mi stimola a seguirlo con passione nella sua continua crescita intellettuale, narrativa e stilistica. “Nora e le Ombre”, il suo romanzo d’esordio, è ormai lontano; la ricerca filologica, l’uso di termini desueti, la creazione dei personaggi in “Rapsodia” hanno raggiunto un grado di intelleggibilità ormai universale. Morandini, a differenza di quello che potrebbe far intuire il complesso titolo del suo ultimo romanzo, ormai è per tutti. Perché  il racconto che è un susseguirsi di piccoli saggi, lezioni e diari di finzione che hanno per protagonista un giovane compositore americano Ethan Prescott e quello che Prescott considera un maestro, il russo Rafail Dvoinikov, più anziano di un paio di generazioni, il racconto, dicevo, è complesso senza essere complicato, appasionato senza essere passionale,  e soprattutto si snoda con agilità attraversando le vite dei due musicisti, così diversi fra loro ma allo stesso tempo così simili, scivolando via fino all’ultima pagina con leggerezza nonostante l’impianto narrativo di fondo sia tutt’altro che leggero (la musica in generale e nel dettaglio quella che si sviluppò in Russia negli anni della rivoluzione bolscevica prima e del comunismo poi). E a ben guardare non è solo la musica a fare da sfondo a questo romanzo, c’è anche la storia del ventesimo secolo, c’è l’America del ventesimo secolo e c’è quella propensione alla rivoluzione  dell’uomo del Novecento  (dove per rivoluzione si intende anche rinascita del personale, risveglio dei desideri sopiti ma anche rifiuto, allontanamento da tutto quello che è “sistema”, stato e mercato globale in primis). Il tutto narrato con ironia e freschezza, come sempre.

(Bruno Fiorini, http://kaizenology.wordpress.com/2010/12/28/rapsodia-su-un-solo-tema-il-nuovo-romanzo-di-morandini/)

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