In tutta la Rapsodia su un solo tema, Claudio Morandini pare dire una sola cosa: giocare con gli stilemi della scrittura postmoderna non vuol dire per forza di cose oscillare tra debole e forte. Semmai, significa lasciar scorrere le dita sulla tastiera di un piano/forte.
Leggiadra e certamente molto più aggraziata di questa battuta è la scrittura di Morandini, al suo terzo romanzo dopo Nora e le ombre (Palomar, 2006) e Le larve (Pendragon, 2008). È con grazia, infatti, prima che con altri mezzi, che lo scrittore aostano conduce per mano il lettore in questi Colloqui con Rafael Dvoinikov – sottotitolo del romanzo – facendolo passare attraverso una miriade di testualità differenti, un caleidoscopio di esperienze diverse: il diario di Ethan Prescott (nel ruolo dell’intervistatore, mentre Dvoinikov è l’intervistato; a volte, però, bouleversement: accade il contrario); il racconto in prima persona di Dvoinikov; la descrizione proto-saggistica delle opere di quest’ultimo; la trascrizione di un trattato del Settecento; una serie di note anarchiche e dissacranti…
E il lettore non si perde mai, in quest’opera riconoscibile a tutti gli effetti come post-moderna – dunque caotica, disseminata e multi-prospettica – potendo invece seguire fedelmente, e con passione, la storia, il plot. Brevemente: il musicista Ethan Prescott, imbarcatosi nell’impresa di scrivere una monografia sul compositore russo Rafael Dvoinikov, ritiratosi a vita privata, lo va a trovare più volte presso la sua dacia di campagna vicino a San Pietroburgo, traendone spunto per cambiare la propria vita. Il cambio avviene nello stesso modo in cui si riscrive un testo, in cui si torna a suonare una partitura…
Non sveliamo altro. Forte nel piano, si diceva. L’adesione, anche ideologica, all’estetica del postmoderno – reiterata la critica ai miti letterari dell’originalità e dell’autenticità (tanto complessi che risulta urgente, e allo stesso tempo, ridicolo cercare i Prescott e i Dvoinikov su Wikipedia) – non finisce, come spesso accade, per ostruire il libero flusso della narrazione. Non preclude, anzi riesce ad aumentare il piacere della lettura.
Ma sicuramente anche piano nel forte. Entrano dolcemente, con garbo, alcune note, che, uscendo dal frame del senso comune, acquistano il peso di una riflessione a tutto tondo, che non ha più bisogno di etichette – neanche di quella, assai ambigua, del “post-moderno”. Si tratta di alcune perle, come questa: “È sempre sorprendente come i momenti cruciali della vita tendano ad assomigliare a scene madri da cattiva letteratura – ed è una scoperta altrettanto stupefacente che affrontare questi momenti razionalizzandoli attraverso il paragone letterario non faccia sentire per nulla meglio.”
Naturalmente, quando la letteratura è buona, come in questo caso, arte e vita si fondono in modo esplosivo – non implosivo – dando vita a un’autentica rapsodia su un solo tema. E se anche la citazione logicamente non tiene, questo, nel mondo della letteratura, della musica, e non solo, non la squalifica, non la fa meno vera. Anzi.
(Lorenzo Mari, su http://langosciadellinfluenza.wordpress.com/2010/11/02/claudio-morandini-rapsodia-postmoderna-su-un-solo-tema-non-postmoderno/ e http://www.malicuvata.it/libri-degli-altri/-letti-nel-2010-/266-rapsodia-su-un-solo-tema-colloqui-con-rafael-dvoinikov.html)