Un romanzo denso, al confine tra realtà e sogno, in cui s’intersecano vari generi ed echi letterari: da Landolfi a Géza Csáth, dalla narrativa d’appendice ottocentesca al romanzo gotico, a Hoffmann e Gotthelf, dalla saga familiare al racconto di fantasmi. Una vicenda giocata tra passato e presente, l’ingombrante figura di un nonno tirannico, minaccioso anche da morto, una tetra tenuta tra campagne, boschi, fiumi melmosi e paludi, un io-narrante e il suo doppio, un omicidio, Lucifero, serve-amanti e un bambino dal candore disarmante. Un romanzo legato alla terra che si nutre di pulsioni primitive e di personaggi che strisciano come ombre inquiete e inquietanti. Le pagine stesse sembrano pulsare sotto le mani del lettore che rimane anch’esso, come il protagonista, incatenato e affascinato dai meccanismi del male pur provandone disgusto e ribrezzo, ma senza riuscire a distaccarsene. È una scrittura colma, traboccante e precisa, sintatticamente complessa, che indaga gli anfratti dell’essere e del caos. Il risultato, come dice l’autore stesso, è “un romanzo oscillante, sovraccarico, volutamente vago nei riferimenti storici e geografici, che sembra, più che l’affresco di una società, quello di una mente, e che può far pensar anche, a momenti, all’esemplificazione di una teoria sulle passioni e sugli istinti”.
(Stefania Celesia, “Fruscio di pagine – Novità e curiosità in libreria”, Gazzetta Matin, 14 luglio 2008)

  • Share on Tumblr