Della mancanza e dell’abbondanza

Prendiamo il libro di Claudio Morandini.
Io veramente ho preso proprio Claudio Morandini, all’ingresso della Fiera più libri più liberi e l’ho ringraziato e insultato al contempo per questo piccolo capolavoro di abilità narrativa.
Ringraziato perché non è facile costruire una scena aperta in un ambiente chiuso come la baita dove vive Adelmo Farandola, prima da solo, poi col cane che gli si attacca addosso come una zecca. Cane che a un certo punto, intimorito dalla possibilità di venir mangiato durante il lungo inverno con la neve che isola la casa, parla.
E da qui parte un delirio, non quello dell’autore, il nostro.
Ci troviamo intrappolati nella narrazione di Adelmo/(Morandini?) che scorre liscia pur nella sua apparente incongruenza. Non sappiamo, e non sapremo fino alla fine, quanto c’è di vero e quanto di immaginato, nella testa del protagonista, del cane e dell’Autore di tutto questo.
Ah, il piede. Lo troviamo sepolto dalla neve.
A voi spalare per capire il significato.
Perché ho insultato Morandini quando l’ho incontrato a Roma?
Vorrei vedere voi, di fronte all’Autore che con estrema bravura ha costruito un sentiero di parole, frasi, storie che vi hanno condotto esattamente dove voleva portarvi, fin dall’inizio.
Con lo sciogliersi della neve ha sciolto tutte le certezze che vi eravate costruiti per scoprire nella pozza di fango che niente è come sembra. Mai.

(Patrizio Zurru, Satellite Libri)

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