Una storia breve, molto singolare, questa di Claudio Morandini , autore già di diverse opere, tra le quali citiamo Rapsodia su un solo tema (Manni 2010) e A gran giornate (La Linea, 2012). Il racconto si svolge in montagna e il protagonista è un uomo anziano, Adelmo Farandola, che vive come un eremita in una zona molto impervia, che d’inverno è praticamente sepolta sotto la neve.  L’uomo non ha molti contatti con la realtà, va solo in paese per provviste, sempre chiuso in se stesso, sempre più sopraffatto da una sorta di demenza senile che gli fa dimenticare, confondere il tempo, i tempi, le persone, le cose. E’ consapevole che qualcosa non va nella sua testa: forse, lui pensa, a causa di una giovinezza passata sotto i cavi di un elettrodotto. In questo scenario piuttosto squallido, dove però la natura è una meravigliosa, anche se crudele presenza (“Il sole bianco e freddo acceca, ma stenta a sciogliere la neve. Sembra anzi carezzarla pian piano..”) arriva un giorno un cane un randagio male in arnese e a poco a poco i due si intendono. Nel senso che proprio si parlano e si capiscono. Da qui tutta la scena cambia: gli animali, non solo il cane, parlano, con momenti anche di straordinaria lievità e qualche momento di umorismo. Così neve, cane… e il piede? Il piede lo lascio scoprire ai lettori di questo romanzo breve, non banale , giocato sul filo di un grande equilibrio stilistico. Il romanzo ha vinto il Premio Procida Isola di Arturo Elsa Morante 2016.

(Gabriella D’Ina, La cura di sé)

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