Da molti anni Adelmo Farandola si sottrae alla socialità. Vive solo, nascosto nella sua baita, e dotato della “pazienza feroce dell’uomo di montagna” affronta le difficoltà nelle “giornate immobili” che ogni stagione comporta. Specie i rigidi inverni, quando il gelo e la neve diventano insostenibili e difficile l’approvvigionamento.

Neve e ghiaccio sono creature rumorose, sfrontate, beffarde”.

La solitudine, estrema fino al punto in cui la realtà si fonde con la fantasia, gli è “vitale” e lo ha educato al silenzio, a ignorare l’uso della parola e la capacità dell’ascolto, che esercita poco più di due volte l’anno, solo quando scende in paese per rifornire di viveri la sua stalla.

La damigiana è lì, all’ombra, accanto a una zagola sfondata. Ci sono anche le cassette delle mele che odorano di carne frolla e quelle di patate che protendono le radici pallide nell’aria come zampette. C’è la tanica dell’alcool. Appese a una trave ci sono le salsicce”.

Durante una trasferta, risalendo la montagna per tornare nella sua valle, Adelmo incontra un cane che diventa da subito un compagno fidato. Il protagonista da questo momento in poi inizia a lasciarsi scoprire, e nelle sere fredde racconta al suo nuovo amico brandelli di vita che scava nella “povera memoria che gli è toccata e che tutto confonde”: le sfide con altri compagni adolescenti a resistere alle scosse del filo elettrificato, la guerra e l’isolamento. Adelmo discorre con il cane ma anche con tutte le bestie che popolano il suo vallone, e loro discorrono con lui. Muti sono invece i personaggi che gli fanno compagnia nei sogni e a volte restano al suo fianco per il resto della giornata. Parenti, sconosciuti silenziosi che “aspettano una sua parola”.
Claudio Morandini con Neve, cane, piede ci regala una breve e tenera storia (138 pagine) di un uomo segregato nel suo mondo, rappresentato da un solitario “eterno inverno”. Limpida la penna dell’autore e doviziosa di particolari, tratteggia di pagina in pagina il personaggio principale, e ritrae impeccabile la natura viva.

Tutto scricchiola, sotto il peso della neve, e sono scricchiolii che tolgono il respiro, perché sembrano preludere allo schianto di un crollo. Le grandi valanghe parlano con boati spaventosi, che riempiono di orrore, e con il sibilo spaventoso dello spostamento d’aria. La notte, i colpi sono più lenti, più vaghi. È la neve che bussa”.

Adelmo condivide con il suo cane la clausura e la fame a causa della copiose nevicate che coprono del tutto la valle, una valle di cui Adelmo è padrone e che protegge da turisti e dal guardiacaccia, come protegge il suo sudiciume, il manto sotto cui si nasconde.
Dopo una valanga però Adelmo e il suo fedele seguace ritrovano un piede umano che spunta dalla neve, da qui nella mente dell’uomo comincia l’inseguimento di un colpevole. Allucinazioni e stralci di memoria sembrano portare Adelmo a una verità.
Il mistero del piede sepolto, apparentemente grottesco come la figura, ugualmente misteriosa, di Aldelmo, insieme alla godibile scrittura di Morandini hanno affascinato i lettori che, rispondendo all’appello di Modus Legendi e di Billy, il vizio di leggere ne hanno fatto un caso editoriale da classifica e stanno sancendo il meritato successo del libro, già vincitore della sezione “narrativa” del Premio Procida – Isola di Arturo – Elsa Morante 2016.

(Amalia Panella, Zeugma)

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