Claudio Morandini scrive benissimo, soprattutto perché il protagonista principale di questo strano libro sono le pietre, parola che in tutto il libro ricorre almeno centocinquanta volte.
La voce narrante è un ragazzo di Sostigno che racconta della storia delle pietre con l’avanzar degli anni, come una fiaba nera, fantasmatica.
Tutto ha inizio con l’arrivo a Sostigno dei coniugi Saponara: Agnese ha vinto la cattedra della scuola del villaggio, dove tiene i bambini dalla prima alla quinta elementare. Ettore, il marito, invece, pare aver preso gusto nell’essere in pensione, dopo tanti anni come professore alle medie.
Agnese vive solo per il suo lavoro, esce poco; Ettore, invece, cerca di integrarsi nella cittadina, con scarso successo però. Sono percepiti come gente di città, che non deve portare animali a pascolare, non hanno terre e, quindi, nemmeno pietre.
In casa leggono, Agnese dà anche una mano ai suoi alunni più ostici.
Claudio Morandini inizia piano un racconto che poi sterza verso il paranormale, i Saponara hanno delle pietre nel loro soggiorno ma non le hanno portate lì loro: sono pietre che si muovono, che fanno quello che vogliono; è come se avessero un vespaio in casa, che va tenuto sotto controllo. Le pietre fanno anche del male ma la coppia vive in casa barricata nelle stanze libere.
Agnese si convince che a fare tutto quel trambusto è un suo vecchio corteggiatore di nome Carletto, che magari si diverte a portare pietre in casa sua.
La storie delle pietre fa il giro della cittadina ma anche di parte della regione.
Marito e moglie hanno continue visite di vicini curiosi ma anche di gente estranea che viene da fuori e pure di giornalisti. C’è poi la costante presenza del prete che non si fa una ragione di quel trambusto ma soprattutto di questi poltergeist dalla forma pietrosa.
Con la transumanza, anche i Saponara raggiungono Testagno, dove sale anche Don Danilo ma, improvvisa, cade una valanga.
“La chiamammo tutti così da subito, anche se non era di neve, ma di terra e roccia, perché non aveva nulla della frana, che si muove con pesantezza. Venne giù rapida, inaspettata e fragorosa una mattina presto, precipitò giusto su un pascolo in cui le nostre vacche migliori si stavano gustando l’erba fiorita, le spiaccicò tutte sotto tonnellate di pietrisco”.
Quindi arrivò anche la miseria che andava combattuta in tutte le maniere.
Dai Saponara arrivò un erudito, un certo Riveira, venuto a smascherare i due cittadini che si erano inventati tutto per notorietà o per noia, vai a capire.
Il Riveira volle entrare nel soggiorno, a forza, senza uscirne mai più ma sono passati degli anni da quell’episodio.
Claudio Morandini, prendendo a pretesto un fatto del 1908 nella valle del Gressoney, dove in un baita cominciarono a materializzarsi pietre, scrive un romanzo strano, malinconico e bellissimo sulla forza della natura, sui fatti che non hanno spiegazione, sulla povertà che invece di spiegazioni ne ha, eccome. Una scrittura tersa, lucente, a volte divertita, nonostante i drammi delle pietre.

(Vincenzo Mazzaccaro, Sololibri.net)

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